Circa 1,2 milioni di suini allevati annualmente, ma una trasformazione ancora troppo limitata. Il Piemonte non riesce a passare dall’allevamento dei maiali alla commercializzazione di prodotti con marchio locale mentre le cosce si trasformano in prosciutti di Parma o San Daniele. Qualche coraggioso, tuttavia, è riuscito a lanciare prosciutti con marchio piemontese. “Piccoli numeri – precisa Guido Ferrero, giovane salumiere dell’omonima azienda famigliare di Cocconato d’Asti – ma che stanno premiando la nostra costante ricerca di qualità”.
Il salumificio, creato nel ’49 dal nonno Guido, dispone di un proprio piccolo macello dove, ogni anno, vengono macellati 1.200-1.500 capi. Per la produzione di salami crudi e cotti, coppe, zamponi, lardo, pancette, cotechini, prosciutti cotti e prosciutto crudo di Cocconato.
Quest’ultimo prodotto è quanto resta di un progetto, più vaso, della Regione Piemonte che, negli anni 90, aveva cercato di lanciare il prosciutto crudo del Piemonte. Un marchio che era arrivato a contraddistinguere circa 2mila prosciutti all’anno (la produzione complessiva italiana di prosciutto crudo è di oltre 290mila tonnellate) , tutti realizzati dal Salumificio Ferrero. Poi la Regione si è sfilata, il progetto è stato abbandonato ma i Ferrero, considerando il successo del prosciutto, hanno continuato a produrlo come Prosciutto crudo di Cocconato. Con numeri inferiori (500-600 all’anno) perché manca la commercializzazione al di fuori della provincia di Asti.
“Vendiamo nel nostro salumificio di Cocconato e andiamo a proporlo, negozio per negozio, nel nostro territorio. A macellerie, salumerie e ristoranti”. Il territorio come confine, ma anche come garanzia di qualità assoluta. Perché i suini utilizzati provengono esclusivamente da due allevamenti convenzionati della zona. In grado di garantire la totale trasparenza della filiera ed una qualità che non viene mai meno. Non a caso arrivano intenditori di prosciutto da altre regioni per poter acquistare i prodotti di Cocconato.
In questo modo si garantisce anche la sopravvivenza di un’azienda in cui lavorano 4 componenti della famiglia Ferrero oltre a 5 dipendenti esterni. Perché ottenere un prosciutto di alta qualità non è semplice. Una cura maniacale, quasi quotidiana nel periodo di salatura e stagionatura. E trascorrono 12-18 mesi dalla macellazione alla presentazione al pubblico. Serve capacità artigianale, ma serve anche una grande passione per arrivare a tagliare una fetta di un prosciutto poco noto al di fuori del territorio, ma che rappresenta un emblema del Piemonte del buon gusto.
Fonte: Il Sole 24 Ore
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